GLI UCCELLI DI REGGIO

PERCHÉ GLI UCCELLI ?

Una parte importante dell’attività del nostro gruppo è tesa alla valorizzazione della nostra lingua madre, il reggiano, non in chiave nostalgica o archeologica, ma con l’intento di dare il giusto riconoscimento a questa risorsa linguistica che a noi sembra sia stata fin troppo trascurata. Conoscere e “praticare” il reggiano costituisce un’opportunità espressiva in più, a volte insostituibile ovvero non surrogabile da nessun altra lingua.

In questa ricerca il nostro G.F. Nasi ha identificato le 120 specie di uccelli presenti (o che sono stati presenti) sul nostro territorio, ed i rispettivi termini “reggiani” che li identificano, che si rivelano vocaboli sconosciuti ai più, e a noi per primi;
questo significa almeno due cose di un certo rilievo:
La prima è che tutti questi uccelli erano presenti nel territorio reggiano (anche quelli che oggi non vediamo più, o forse non sappiamo più vedere);
La seconda è che chi parlava reggiano disponeva di un lessico parascientifico ricchissimo, conosceva (e riconosceva) la natura che lo circondava. E questo non riguardava soltanto gli esperti, ma praticamente tutti, indipendentemente dal livello culturale, scolastico, di censo. Se così non fosse stato non avremmo potuto recuperare questo repertorio in reggiano.

Insomma un contadino cento anni fa, in fatto di ornitologia (una fra le tante materie che padroneggiava per mezzo del reggiano), poteva surclassare un ingegnere o un esperto informatico dei giorni nostri.

Ci auguriamo che imparando a nominarli nuovamente con la nostra lingua madre, forse tutti questi uccelli riusciremo anche a vederli , sentirli e proteggerli,  perché
“..sono naturalmente le più liete creature del mondo.”
(Giacomo Leopardi, Elogio degli uccelli, in: Operette morali, 1824)


L’intera ricerca disponibile in PDF

Abbiamo reso disponibile l’intera ricerca in un documento pdf di 30 pagine, che mettiamo a disposizione di tutti.
Naturalmente su questo documento non sono riproducibili le tracce audio presenti sul sito.


Come sempre “ciò che rimane lo salvano i poeti” e l’elaborazione di questa ricerca ci ha rammemorato automaticamente l’ Elogio degli Uccelli di Giacomo Leopardi (in Operette Morali 1824).

Abbiamo reso disponibile l’operetta in un documento pdf di 6 pagine, che siamo lieti di mettere a disposizione di quanti vorranno ri-scoprirlo insieme a noi.


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2 commenti

  • Importante l’attività di ricerca che conduce Gianfranco Nasi, costituisce un documento da conservare e custodire.

  • Grazie Luciano per aver apprezzato il nostro lavoro, perché in realtà non sono solo io l’artefice. Ad un esperto di uccelli come sei non sfuggirà l’incompletezza del lavoro per quanto riguarda le caratteristiche delle diverse specie, perché la loro morfologia (e a volte il verso) può essere diversa tra i due sessi o nelle diverse stagioni dell’anno. Tranne il caso merlo/merla, non abbiamo trovato che esistano termini dialettali diversi per i due sessi. Forse qualcuno (non certo tu) si meraviglierà di non riconoscere l’immagine della tortora che abbiamo pubblicato, ma la ragione è che la tortora che oggi vediamo nei nostri parchi è la “tortora dal collare”, arrivata dall’Asia all’Europa nel XX secolo e comparsa in Italia nel primo dopo guerra. Più rara, almeno nelle aree urbane, è la “tortora comune”, riprodotta nella nostra immagine, che migra verso l’Africa nella stagione invernale.

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