
Dèinter’na fotografèia dla Coperatîva ‘d l’Uspési
‘Na foto l’ē mia un film e l’an pêrla mia
l’am lâsa léber d’andêr cun la fantasèia:
sòvra a un mûr scrostē al tèimp al se spècia
am diş che còsta l’ēra la Coperatîva vècia.
Fôrsi, a j’ò pinsē , l’avrân fâta in dal quarantôt,
E am sun més in di pan d’un ‘d chi şuvnôt:
a j’ò sintû tót còl che ciaschedûn ed lōr al dgîva
sdû, da ‘na pêrta, sòvra al pèchi d’la Coperatîva.
L’ēra d’istē, ‘s capès pr’al chêld che gh’ēra,
soquánt ed chi òmen lé în in canotēra.
Fòm che al dé precîş al fósa al quéndeş ed lój
e tót in drē a parlêr ed còl ch’al dîs al fòj.
A Roma ‘iēr un vigliâch l’a fât un atintē
Quâter còlp ed pistôla a Togliatti l’à sparē.
Palmiro pr’i cumpâgn l’ēra al “Miōr”
damând per qui ed ceşa l’ēra Nôster Sgnōr.
Vôlen parôli bróti e pió ed ‘na sarâca
quelchidûn l’à més un’ êrma in sâca.
Per tót al dé a Rèş a crès la tensiòun
L’Italia l’ē sul pûnt ed fêr ‘na rivolusiòun.
E in ch’al quéndeş ed lój a gh’ēra chi piansīva
sdû disperē sòvraal pèchi d’la Coperatîva.
L’arâdio adès la dîs: “Togliatti l’é stē operē
al profesòur Valdoni la vèta al gh’à salvē”.
L’ arâdio po’ la dîs, tra un s’céfel e un armōr:
“Bartali l’à vînt al Tûr, cun l’ajót dal Sgnōr”.
Alōra a vèd tót qui lé ed dla fotograféia
ch’as brasèn, as besèn e balèn pîn d’alegréia.
In quâter cun al chêrti a şóghen a scupòun
sicûr ch’ l’an ghe srà mia dmân la rivolusiòun.
Un l’ ôrdna un cafè lòng, un al bèv un chinôt:
l’ēra, fôrsi, al quéndeş ed lój dal quarantôt.
Gian Franco Nasi, Aprile 2020
Dentro una fotografia della Cooperativa dell’Ospizio
Una foto non é un film e non parla
mi lascia libero d’andare con la fantasia:
sopra un muro scrostato il tempo si specchia
e mi dice che questa era la Cooperativa vecchia.
Forse, ho pensato , l’avran fatta nel quarantotto
E mi son messo nei panni d’uno di quei giovanotti
E ho sentito tutto quel che ognuno di loro diceva
seduto, in disparte, sui gradini della cooperativa.
Era d’estate, si capisce dal caldo che c’era,
alcuni di loro erano in canottiera.
Facciamo che il giorno preciso fosse il 15 di luglio
e tutti stan parlando di ciò che dice il foglio.
A Roma ieri un vigliacco ha fatto un attentato
Quattro colpi di pistola a Togliatti ha sparato.
Palmiro per i compagni era “Il Migliore“
così come per quelli di chiesa era Nostro Signore.
Volan parole brutte e più di una bestemmia
qualcuno ha persino un’arma in tasca.
Per tutto il giorno a Reggio cresce la tensione
L’Italia è sul punto di fare una rivoluzione.
E in quel 15 di luglio c’era anche chi piangeva
seduto disperato sopra ai gradini della cooperativa
La radio adesso dice: “Togliatti è stato operato
il professor Valdoni la vita gli ha salvato”.
La radio poi riprende, tra un fischio ed un rumore:
Bartali ha vinto il Tour, con l’aiuto del Signore”.
E allora vedo tutti quelli della fotografia
Che si abbracciano, si baciano e ballano pieni d’allegria.
In quattro con le carte giocano a scopone
sicuri che non sarà per domani la rivoluzione
Uno ordina un caffè lungo, uno beve un chinotto
Era, forse, il 15 di luglio dal quarantotto.
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Sopra un muro scrostato il tempo si specchia…e la fantasia corre e parla degli Italiani e di come riescono a cogliere il momento! Volubilità capacità di adattamento? Semplice Italianità. Bravo Nasi!
Giuseppe, grazie per le belle parole di apprezzamento. Ti invito a sfogliare le pagine di questo sito in costruzione, frutto di una bella esperienza iniziata tra vecchi amici e che si sta ampliando ad altri amanti del dialetto reggiano e non solo.
La vecchia cooperativa di Ospizio si trova proprio al centro del popolare quartiere operaio di Ospizio appunto.
La sua collocazione sulla via Emilia gli conferiva molta visibilità.
Tu hai saputo cogliere da un’ immagine quello che poteva essere lo stato d’animo delle persone lì riprese in una giornata storicamente importante. Il dialetto poi, lingua maggiormente diffusa e parlata, rende l’idea meglio di tanti commenti.
Bravo Gianfranco.
Prima o poi, ognuno di noi, incontra il suo muro scrostato dal quale riaffiorano momenti del nostro passato. Una sorta di lavagna bianca dove poter riscrivere, con gessetti colorati momenti di vita, emozioni, gioie e dolori vissuti in un altro mondo. Perché così credo funzioni : il tempo non cancella dolori e gioie ma li trasforma (quasi sempre) in meglio.
Quanto al saper adattarsi, direi che siamo degli outsider.
Bravo Gian, la tua poesia mi è piaciuta. La traduzione purtroppo non rende allo stesso modo ma è necessaria per i lettori della Repubblica del Leone/ regno Due Sicilie che non conoscono il dialetto locale.
Daniela, le tue parole aggiungono vera poesia al quadretto di vita immaginata che ho cercato di descrivere con il “pennello” del dialetto. Grazie.
Grazie Luciano, Villa Ospizio è stato il quartiere della nostra vita e merita un ricordo, anche se frutto della fantasia. Ma credo che in quel giorno, in questo quartiere operaio e popolare, ci fosse veramente un clima molto teso.