


La profonda amicizia che legherà fino alla sua morte Pasolini al reggiano Luciano Serra, non risale però al soggiorno reggiano di Pasolini, bensì al suo soggiorno a Bologna dove entrambi si trasferirono nell’autunno del 1936, là si conobbero e subito condivisero la passione per il calcio, e questa conoscenza si svilupperà nonostante i due anni di differenza d’età, in un’amicizia profonda che li accompagnerà per tutta la vita, tanto che dopo essere stati insieme studenti universitari a Bologna, Pasolini continua a soggiornare presso i genitori del Serra mentre finisce il suo corso di laurea.

A quel periodo risale anche la fitta corrispondenza tra Pasolini e Serra, della quale abbiamo la testimonianza di Serra di un inedito manoscritto.

Ed ecco qui riprodotta la lettera manoscritta citata da Serra ne IL CANE E LA MORTE



E’ del 1941 la lettera in cui Pasolini chiede a Serra di “tradurre” in dialetto Reggiano una delle sue Poesie a Casarsa, Il Nini Muart, evidentemente per coglierne l’espressività anche in altre forme dialiettali; non risulta apparentemente che Serra abbia dato seguito a questa richiesta.
E’ questa richiesta diretta di Pasolini che ci ha dato l’impulso di misurarci con i suoi versi per portarli nel nostro dialetto.

Concludiamo con il delicato ricordo poetico di Serra “Pulviscolo d’oro della giovinezza”, e con la poesia in Inglese dedicata da Serra al suo amico Pier Paolo in occasione della sua morte.


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Interessante questa rievocazione dedicata al breve periodo trascorso da Pasolini a Scandiano, particolarmente perché si tratta degli anni della formazione adolescenziale e quindi un periodo dove le esperienze lasciano un segno indelebile. Significativo anche il ricordo di Luciano Serra, che fu un amico importante del periodo successivo, a Bologna.
Grazie Roberto per la tua attenzione competente e per il tuo giusto riferimento all’attenzione alla poesia di Pascoli e D’Annunzio a coronamento della sua prima educazione letteraria (come ricorda in cugino Nico Naldini).
A noi di Léngua Mèdra, la lettera di richiesta a Luciano Serra (1941)della traduzione in dialetto reggiano della sua prima poesia dedicata a Casarsa, ci fa pensare che in quel quasi anno passato nel territorio reggiano abbia costretto benevolmente Pasolini ad ascoltare, capire e in parte parlare la lingua reggiana. Era per forza il ‘dialetto’ la lingua maggiormente parlata da tutti i ragazzi con i quali quotidianamente si confrontava per studio o per gioco.
Ecco allora che con grande coraggio , desiderio e pensandoci destinatari della lettera a Serra, abbiamo risposto noi a Pasolini, traducendo le sue “Poesie a Casarsa” nella nostra lingua che fra noi quasi settantenni continuiamo in parte a parlare quando ci incontriamo o ci scriviamo sui temi anche attuali che stanno popolando il nostro lavoro in gratuità.
Caro Roberto, ci piacerebbe un giorno, se ti sarà possibile accoglierci, venirti a trovare al Centro Pasolini e poter continuare questo pensiero coraggioso e meditante su Pasolini che, come diceva il nostro maestro Gianni Scalia, ” ci ha lasciato una eredità senza eredi”.
Un abbraccio a nome di tutto il nostro gruppo, Rolando