LÉNGUA MÊDRA IN BICICLÈTA

L’intera vita è come andare in bicicletta; se vuoi stare in equilibrio devi muoverti !

ALBERT EINSTEIN

Perché parlare di bicicletta in Léngua Mèdra ?

Forse può sembrare poco appropriato parlare del tema della bicicletta in un sito che si occupa soprattutto di dialetto, per cui una piccola giustificazione va data ai nostri lettori. Quando il gruppo fondatore di Léngua Mêdra si costituì nel dicembre del 2020 aveva ristabilito il contatto con vecchi amici, ex compagni di scuola elementare, che da bravi settantenni attenti alla loro salute erano attivi ciclisti. Pensavamo che fossero interessati a sviluppare questo tema anche sul sito web, ma la proposta non incontrò la loro disponibilità. Noi però avevamo cominciato a pedalare con la fantasia e abbiamo trovato diverse ragioni per parlare di questo tema:

● la bicicletta era il nostro “cavallo”, più che metaforico, quando eravamo bambini e il gruppo di Léngua Mêdra è nato riprendendo un filo interrotto della nostra infanzia;

● la bicicletta è un ingrediente della “reggianità” di cui il sito vuole parlare; certamente un simbolo non esclusivo, ma comunque abbastanza caratterizzante per la nostra regione, come ci ricorda CESARE ZAVATTINI;

● Indubbiamente la bicicletta nasce in dialetto, nel periodo a cavallo fra ‘800 e ‘900, quando la bicicletta si impose come fenomeno sociale, di costume, industriale ecc. e il dialetto era ancora la lingua prevalente nella nostra società;

● infine, parlare di bicicletta apre tante porte alla nostra curiosità e forse questa è la motivazione principale per dei vecchietti ancora arzilli, anche se un po’ pigroni, come siamo noi.


Per identificare percorsi logici in questo vasto mondo del “pensiero pedalante”, avevamo bisogno di una bussola di orientamento, che il nostro Rolando Gualerzi, il più “teorico” del nostro gruppo, ci ha preparato in forma di Mappa Concettuale, che ci schiude a una visione a volo d’uccello sul “territorio” di congiunzione tra il mondo della Bicicletta e quello della nostra Lingua Madre, forse un po’ complicato nel suo primo acchito, ma che pian piano, senza fretta, proviamo qui a sviluppare nei vari argomenti.

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Prima di andare a sviluppare un ideale percorso a tappe, che ci aiuti a scoprire i tesori di questo territorio, abbiamo trovato un appropriato viatico inziale in una bella poesia di quel gigante che è stato il Premio Nobel Pablo Neruda, con la sua ODA A LA BICICLETA, che il nostro Paolo Gibertini ha tradotto per noi dallo spagnolo al dialetto reggiano, con testo italiano a fronte.

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ODE ALLA BICICLETTA
Andavo
per la strada
crepitando:
il sole si sgranava
come mais ardente
ed era
la terra
calorosa
un infinito circolo
col cielo in alto
azzurro, disabitato.


Passarono
vicino a me
le biciclette,
gli unici
insetti
di quel
minuto secco dell’estate,
riservate,
veloci,
trasparenti:
mi sembrarono
soltanto movimenti dell’aria.


Operai e ragazze
alle loro fabbriche
andavano
consegnando
gli occhi
all’estate,
le teste al cielo,
seduti
sulle
elitre
delle vertiginose
biciclette

che fischiavano


attraversando
ponti roseti, rovi
e il mezzogiorno.

Pensai alla sera quando i ragazzi

si lavano,
cantano, mangiano, alzano
una coppa
di vino
in onore
dell’amore
e della vita,
e alla porta
è lì che aspetta
la bicicletta
immobile
perché
soltanto
di movimento è la sua anima
e lì caduta
non è più
insetto trasparente
che percorre
l’estate,
ma
scheletro
freddo
che solo
recupera
un corpo errante
con l’urgenza
e la luce,
cioè,
con
la
resurrezione
di ogni giorno.

CÂNT A LA BICICLÈTA

I andêva
per la strêda
che quêşi ciochêva:
al sòl al se sgranêva
damând dal furmintòun bujint
e l’ēra
la tèra
chêlda
un cîrcol sèinsa fîn
cun al cēl sòvra
celèst, e vōd.

A m’ în pasêdi
aréint
al biciclèti,
j’ ónich
musèin
ed còl
minût sèch d’istèe,
de sfrûş,
esvèlti,
trasparèinti:
e m în sembrêdi
un muvimèint ed l’ âria.

Operâi e ragâsi
andêven
al só fâbrichi
mèinter dêven
j’ ôc
a l’istèe,
al tèsti al cēl,
sdû
sòvra
a c agli êli duri
dal biciclèti
êlti
che s’ciflêven
mèinter che traversêven
pûnt, giardèin ed roşi, râşi,
e al meşdé.

Mé pinsêva a la sîra quând i ragâs
äs léven,
â cànten, màgnen, léven
un bicēr
ed vèin
in ònōr
ed l’amōr
e d’la véta,
e atâch a l’ós
l è lé ch la spét
la biciclèta
fêrma
perché
sòl
ed muvimèint l’ē la só ânma
e lé per tèra
l’an n’ē mia pió
un musèin trasparèint
cal travêrsa
l’istèe,
mó sòl
un tlèr
frèd
ch al
tôrna a èser
un côrp ch’al viâsa
cun la prèsia
e la lûs,
dònca,
cun
la
resureşìoun
ed tót i dé.

Il testo della poesia tradotto in dialetto è recitatato dal nostro Luciano Cucchi


PERCORSO DI NAVIGAZIONE DELLA NOSTRA MAPPA

Anatomia dell’Anticavallo dei poveri (cit. di Gianni Brera)

SECONDA TAPPA

Un po’ di storia

TERZA TAPPA

La biciclèta e al dialèt

QUARTA TAPPA

La bicicletta, la Chiesa e i preti

QUINTA TAPPA

La bicicletta e le donne

SESTA TAPPA

I “CICLISTI ROSSI” di Reggio Emilia

SETTIMA TAPPA

I bambini reggiani e la bicicletta

OTTAVA TAPPA

La mia prima bicicletta

NONA TAPPA

Biciclette reggiane

DECIMA TAPPA

I nostri campioni

UNDICESIMA TAPPA

Cicloturisti (non) per caso


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