Arşân da la tèsta quèdra

La caratteristica anatomica, vera o presunta, che da sempre ci viene attribuita dai nostri “vicini”.

Così i modenesi apostrofano i reggiani da almeno 400 anni, da quando Alessandro Tassoni, scrittore e poeta modenese scrisse nella sua opera più famosa, La secchia rapita, che fu il Dio Marte in persona a ridurre in quello stato la nostra povera testa.

Tassoni racconta di una guerra tra modenesi e reggiani, ispirandosi ad un evento storico. Nella Secchia Rapita, i nostri antichi concittadini vengono fatti prigionieri dai Modenesi e rinchiusi nel castello di Rubiera. Quando il Dio Marte, nelle vesti del condottiero Scalandrone da Bismanta, interviene per liberarli, per punizione li colpisce in testa, uno alla volta, con la sua lancia e “a tutti fatti avean le teste quadre

Frontespizio dell’opera La Secchia Rapita, nell’edizione del 1744

Illustrazione dell’episodio del Dio Marte che colpisce sulla testa i prigionieri Reggiani all’uscita dal Castello di Rubiera


Dal testo della Secchia Rapita, Canto IV, Ottave 65-66

Marte, che la sembianza ancor tenea
di Scalandron, per onorar la festa,
stando a la picca, ove al passar dovea
chinar il vinto la superba testa,
dava a ciascun, nel trapassar che fea
sotto quell’asta, un scappellotto a sesta:
cosí fino a l’aurora ad uno ad uno
andò passando il popolo digiuno.

Poi che tutti passâr, Marte disparve
lasciand’ognun di meraviglia muto.
Stupiva il vincitor che le sue larve
conoscer non avea prima saputo:
stupiva il vinto, poi che ‘l sole apparve
cinto di luce, e che si fu avveduto
con onta sua che le picchiate ladre
a tutti fatte avean le teste quadre.


Il fatto storico cui si ispirò Tassoni, secondo quanto si legge nelle note di Gaspare Salviani all’edizione del 1630 della Secchia Rapita, attribuite allo stesso Tassoni, sarebbe stata una guerricciola combattuta nel 1152 tra la lega formata da Modenesi e Parmigiani contro i Reggiani, che furono sconfitti, fatti prigionieri e portati a Parma. Il giorno dopo, fingendo di arderli vivi, i vincitori accesero in piazza un grande fuoco; poi fecero uscire i prigionieri con una canna in mano “che aveva in cima una banderola di carta, li facevano passare per certo luogo stretto, e nel passar che facevano davano a ciascheduno uno scappezzone o scappellotto su la nuca; e in cambio d’arderli facevano loro degli soffioni e ardevano loro la barba, e poi li mandavano via così svergognati e spauriti”.

Evidentemente l’epiteto teste quadre circolava molto tempo prima che il Tassoni lo mettesse in poesia, tanto che sempre Salviani, ci informa che i “ Modanesi oppongono ai Reggiani che abbiano le teste quadre, perché realmente molti di loro non l’hanno né tonde né ovate, come anche si dice de’ Genovesi che abbiano le teste acute, perché molti di loro l’hanno così. Però come questo è accidente di molti, non di tutti, il poeta finse che quelli solamente che patteggiati uscirono di Rubiera avessero le teste quadre… In ogni evento è da considerare che i capricci de’ poeti non fanno caso, e tanto più de’ poeti burleschi, che hanno per fine loro il diletto e non la verità; perché ben si sa che per altro li signori Reggiani sono molto onorati”.

L’origine del detto andrebbe dunque riferito alla credenza, allora diffusa ma priva di riscontri, della presenza di una caratteristica anatomica della forma del cranio di molti reggiani identificabile con la brachicefalia (cranio più largo che lungo) e contrapponibile alla dolicocefalia (cranio rotondeggiante e allungato).
I Reggiani però non stavano zitti alle canzonature dei modenesi, che venivano chiamati dai reggiani “nusón” (grossa noce), un termine che si è perso nei secoli e sul cui significato ci sono almeno due interpretazioni. La prima è che la testa dei modenesi era sì priva di spigoli, ma di forma molto simile ad una grossa noce.
Interpretazione questa rigettata da Prospero Viani, reggiano di grande cultura, che sosteneva invece che il termine derivava dalla grande presenza di alberi di noce nella provincia di Modena, e dalle noci i modenesi estraevano così tanto olio da utilizzarlo, si diceva, anche  per il battesimo al posto dell’acqua.


Molto più prosaicamente, nel gioco degli sfottò campanilistici, di solito molto più immediati e salaci, la tipica risposta del reggiano al modenese che lo apostrofa come Tèsta Quèdra è la seguente:
Uèter a gh li rotonda sol perché i piôc a v an magné i spîgh
(voi l’avete rotonda solo perché i pidocchi vi hanno mangiato gli spigoli)



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2 commenti

  • Il nome del commentatore di Tassoni è SALVIANI non Salviati (il quale invece è un personaggio del “Dialogo dei massimi sistemi” di Galileo. In tema di testa quadra, un inveramento di questa diceria la trovo ogni volta che vedo comparire in Tv Romano Prodi…

  • Grazie professor Marri per la correzione e per essere un nostro affezionato lettore. L’illustrazione della copertina dell’edizione della Secchia Rapita del 1744 riprodotta nel post non lascia dubbi. Certamente la maggior notorietà di Filippo Salviati è stata la causa del mio lapsus.

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